La storia della Terra del Fuoco

Scoperta nell’anno 1520, dal navigatore portoghese Fernando Magellano, la Terra del Fuoco é stata da lui così battezzata durante la sua navigazione nello stretto, a causa dei fuochi che durante la notte punteggiavano le coste del canale, accesi dagli indigeni probabilmente per segnalare la presenza di un pericolo imminente.

Le prime esplorazioni furono compiute da navigatori olandesi ed inglesi, ma i più approfonditi lavori di idrografia e cartografia vennero eseguiti da Robert Fitz Roy e Charles Darwin nel 1832.

I primi insediamenti stabili nella zona furono quelli della missione anglicana guidata dal R.P. Waite Hockin Stirling (1869). A partire da quel periodo s’iniziarono a identificare e studiare i diversi gruppi etnici.

La scelta dei confini e del territorio nel quale vivevano le varie etnie, era strettamente legata, più che a scelte dei singoli clan, alle loro abitudini comportamentali.

Gli YAHGAN (o Yàmana), il cui principale mezzo di locomozione era la canoa, abitavano le isole e gli arcipelaghi che si affacciavano sui canali. Pacifici e miti per natura, erano degli intrepidi e audaci marinai. Tracce della loro presenza (in base agli studi effettuati sull’argomento, dal missionario inglese Robert Whait, stabilitosi nella missione inglese nel 1876) sono state rilevate alle Isole Malvine.

Gli Yahgan vivevano, non solamente sulle sponde del canale di Beagle, ma popolavano anche molte delle isole situate sia ad ovest che ad est dell’isola Gable. Essi erano anche stabilmente insediati lungo i canali adiacenti l’isola di Capo Horn. Si trattava di una tribù nomade, la cui unica fonte di sopravvivenza era il mare.

Gli ONAS (o Selk’nam) invece non si erano mai adattati alla vita sul mare: non navigavano, ma erano esperti cacciatori e pescatori. Popolavano le isole ed i canali dallo stretto di Magellano fino alla cordigliera ad ovest della Terra del Fuoco.

Le coste sulle quali i loro territori si affacciavano erano spoglie e molto esposte al mare aperto, fattori che rendevano più difficoltoso l’uso delle canoe. Inoltre gli alberi in quelle zone erano radi e non adatti a fornire la materia prima per costruire le canoe.

La loro non era una tribù mite come quella degli Yahgan, al contrario, erano estremamente irascibili e reagivano con violenza quando subivano qualche provocazione.

Molto resistenti alla fatica ed al freddo, non coltivavano la terra, però svolgevano in forma collettiva attività utili alla comunità: preparazione di alimenti, fabbricazione di armi (archi, frecce, lance, coltelli ed altri strumenti taglienti che utilizzavano per i lavori domestici) e trattamento delle pelli. Conoscevano la “boleadora” però non la utilizzavano nella caccia di animali selvaggi come il “guanaco”. La caccia al guanaco richiedeva un’estrema perizia, le armi impiegate erano archi e frecce. Fin da piccoli i ragazzini si allenavano con archi giocattolo fabbricati esclusivamente per loro (la spedizione Bove ne raccolse alcuni che misuravano meno di 80 centimetri).

Abitavano in capanne molto semplici, costruite con pali di legno e coperte dalle pelli degli animali che erano soliti cacciare, cucite insieme tra di loro usando dei tendini come filo. Le tribù si spostavano con una certa frequenza, al seguito della loro principale fonte di alimentazione: i branchi di guanacos in perenne movimento.

Gli ALACALUF (o Kawéskar) invece erano un popolo di pescatori e cacciatori che abitava le isole ed i canali a ovest della Terra del Fuoco, a partire dall’isola Stewart e dalla penisola Brecknock verso nord fino alla Penisola di Tres Montes.

Tribù indigena abbastanza simile a quella degli Onas, pur non essendo degli esperti navigatori come gli Yaghan, aveva adottato come principale mezzo di locomozione la canoa, costruita però in modo molto più grezzo. Differivano invece nella lingua: parlavano in un modo molto gutturale e con un dizionario precipuo. I singoli gruppi famigliari vivevano in modo indipendente però, al pari degli Onas, svolgevano in forma collettiva i lavori che servivano alla sussistenza della comunità.

I dati che riguardano la tribù degli HAUSH (Manekenkn) sono scarsi. Gli studiosi ritengono che siano stati tra i primi abitanti a stabilirsi nelle estreme regioni australi. Furono però costretti ad abbandonarle, spostandosi più a nord, sotto la spinta dei bellicosi Onas.

Le informazioni relative alla vita e alle abitudini delle varie popolazioni indigene che occupavano quest’area, sono state descritte in modo dettagliato nelle relazioni contenute nei Bollettini della Società Geografica Italiana, redatti dalla spedizione italiana guidata dall’esploratore Giacomo Bove.

 

Clima

Il clima sulla Terra del Fuoco

Il clima è ventoso, freddo ed umido.

Le precipitazioni sono abbondanti (612 mm annuali di media), ma è più frequente osservare pioggia fine e prolungata, piuttosto che piogge torrenziali.

Ushuaia, in considerazione della sua posizione geografica, gode di un clima molto particolare: inverni non eccessivamente rigidi (temperature medie attorno ad 1 °C) ed estati temperate (medie di circa 10 °C), con precipitazioni leggermente più abbondanti nei mesi autunnali.

Ushuaia, la città più meridionale del mondo, dista ben 3200 km a sud di Buenos Aires. Affacciata sul canal Beagle, incoronata da splendide catene montuose (Monti Martial, Olivia, Tres Hermanos), offre un paesaggio unico, che combina in modo mirabile le montagne, il mare, i ghiacciai ed i boschi.

Flora e Fauna

La Flora e Fauna della Terra del Fuoco

La parte settentrionale della Terra del Fuoco è una zona dedita all’allevamento: il terreno è ricoperto a perdita d’occhio da praterie di graminacee. La zona centrale, oltre che dalle praterie, è occupata da fitti boschi caduchifogli di ñires (una varietà di faggio). Le foreste della zona sud sono principalmente popolate da lengas. Le specie più diffuse sono la lenga, il guindo, il ñire, il ciruelillo, la leña dura, il michay, la mata negra; tra i frutti di bosco si possono assaporare dolcissime fragole, tra i fiori ammirare le violette e le orchidee ed i Sempreverdi.

La Terra del Fuoco è popolata sia da mammiferi autoctoni (endemici), come il guanaco e la volpe colorata, che da specie che sono state introdotte dall’uomo (ad esempio il topo, il coniglio, il castoro e la volpe grigia). Elefanti e leoni marini, balene, otarie e delfini popolano invece l’ambiente marino. Le specie di uccelli superano la quantità di 200, tra di esse si osservano: condor, avvoltoi, pinguini, albatros, skuas (= stercorari), oche, anatre, ostricaie e cormorani. I fan della pesca sportiva potranno pescare in quantità trote e salmoni.

 

Su Ushuaia

Informazioni generali di interesse

Ushuaia, capoluogo della provincia Argentina della Terra del Fuoco, venne fondata dal Governo Argentino nel 1883, ed è la città più australe del mondo (65.000 abitanti circa).

Ushuaia è sinonimo di mare e montagna: una splendida corona di cime innevate e ghiacciai fa da sfondo alla città che si affaccia sul Canale Beagle, lungo la costa meridionale dell’Isola Grande della Terra del Fuoco.

Il nome Ushuaia venne assegnato dai missionari inglesi che si insediarono nella baia a partire dal 1869. In lingua Yamana significa “baia aperta all’est”, o “baia che guarda verso ponente”. L’abitato è delimitato ad Ovest dal Monte Susanna ed a Est dalla Sierra Sorondo e dagli inconfondibili profili del Monte Olivia e del Monte Cinco Hermanos. Grazie alla sua posizione geografica, incuneata tra il Canale Beagle e la cordigliera delle Ande, Ushuaia gode di un microclima che mitiga i venti più violenti ed evita che la temperatura si abbassi esageratamente.

Il clima è molto variabile: in un solo giorno si possono sperimentare le condizioni meteo delle 4 stagioni (si può passare da una giornata di sole e cielo terso ad una nevicata improvvisa). La temperatura media estiva è di circa 10°C. D’estate le ore di luce arrivano a 18, mentre la luminosità cala a 6, 7 ore durante l’inverno. La “notte più lunga” si festeggia il 21 di giugno. In autunno, l’intera fascia boschiva, a partire dal livello del mare fino a dove termina la foresta, si tinge di rosso vivo: una tavolozza di colori che vanno dall’ocra, al giallo, all’arancione. Con lo sciogliersi delle nevi, ogni primavera, la natura si risveglia ed il sottobosco si ricopre di fiori di tutti i colori.

La storia della città è strettamente legata a quella del suo carcere. Costruito dagli stessi reclusi tra il 1902 ed il 1920 era in grado di ospitare più di 600 prigionieri. Il governo argentino, prendendo esempio dalle scelte fatte dagli Inglesi in Australia, aveva deciso che l’isola sarebbe stata una prigione perfetta per i reclusi recidivi che stipavano le carceri di Buenos Aires. Impossibile per loro, anche nel caso fossero riusciti ad evadere, lasciare la Terra del Fuoco. I prigionieri divennero così dei coloni “forzati”; essi trascorrevano le loro giornate nelle foreste a tagliare legna (che veniva poi utilizzata per la costruzione della città, della ferrovia e delle strutture portuali), o nelle officine tecniche all’interno del carcere.

11 chilometri ad Ovest della città, è possibile effettuare un’interessante visita al Parco Nazionale della Terra del Fuoco (il parco più australe dell’Argentina e l’unico che si affaccia sul mare). Creato nel 1960, sorge al confine con il Cile. Verso Nord mette in comunicazione ideale il Canal Beagle con il Lago Fagnano. Si estende per ben 63.000 ettari, 2.000 dei quali sono attrezzati turisticamente per effettuare visite e brevi escursioni. Ammantato di fitte foreste e di bellissimi laghi, con una ricca flora e fauna, al suo interno si trovano anche resti archeologici degli indios Yamana. Il suo estremo confine meridionale, in Baia Lapataia, coincide con la fine della mitica “carretera Panamericana” e della lunghissima “Ruta 3” (uno dei simboli che identificano “el Fin del Mundo”: così viene chiamata dagli Argentini l’estremità meridionale della Terra del Fuoco).

Da non perdere, una visita al Museo marittimo ed al Museo del Presidio, ospitati entrambi nell’imponente edificio carcerario. Visitando le sale del Museo Marittimo si ripercorre a ritroso la storia della navigazione e dell’esplorazione, si ha modo di approfondire la cultura degli indios che abitavano la regione, di conoscere l’affascinante storia dei pionieri e dei cercatori d’oro, di rivivere l’atmosfera delle prime spedizioni in Antartide. Il Museo del Presidio, oltre alla storia della città documentata da bellissime fotografie antiche, descrive attraverso percorsi tematici, la vita quotidiana, fatta di miseria e sofferenza, vissuta dai reclusi.

Un altro museo interessante, ospitato in uno degli edifici più antichi della città, è il “Museo della Fine del Mondo”. Ospita 6 sale espositive ed un’interessante biblioteca. Nel museo sono raccolti resti archeologici, riproduzioni di utensili usati dagli aborigeni, fotografie della fine del secolo XIX, documenti ed immagini del carcere.